Lockfeels, ovvero La Leggenda della costipazione emotiva maschile

Una cosa tipica della socializzazione femminile, a cui non sfuggono neanche le femministe, è la tendenza a darla vinta agli uomini. Comprensibile: abbiamo passato tutta la vita a considerarci NPC delle loro vite, supporto, pronte a coadiuvare i loro piani e a credere ciecamente a tutto ciò che dicono.

E aderire a un movimento vituperato come il femminismo ci mette ulteriormente in crisi: sono femminista ma ti giuro che non ti odio! Sono femminista ma non sono acida e cattiva! Ho dimostrato tante volte come le femministe, nel tentativo strenuo di dimostrare complicità e non aggressività, abbiano inquinato il movimento e ricercato l’approvazione maschile a danno di loro stesse.

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Credevate che la lumaca zombie si fosse estinta? È più forte che mai!

Uno di questi modi è l’adesione acritica alla tesi della costipazione emotiva maschile.

Una teoria molto comoda, che ci permette di sembrare corrette e caring, mentre distribuiamo democraticamente i danni della socializzazione patriarcale, da una parte sostenendo (in modo sottile o espresso a voce alta) che in fondo entrambi i sessi ne fanno le spese in modo ugualmente doloroso; dall’altra dà una giustificazione alla violenza maschile, sottintendendo che l’educazione di un figlio maschio, al pari di un abuso infantile, porti a exploit di violenza di cui il singolo è solo in minima parte responsabile.

Cosa concorre a questa teoria? Naturalmente, la rappresentazione maschile promossa dai media, come serie tv e film. Adesso, accanto al clichè del povero nerd vessato dalle belle ragazze (e l’inesistenza delle ragazze nerd) e del padre divorziato ridotto in miseria cui la ex moglie cattiva non permette di vedere i figli, abbiamo l’uomo represso che non ha potuto piangere una sola volta durante la propria infanzia, nemmeno dopo il parto.

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Uomo rattristato dal fatto che le donne abbiano libero arbitrio e dei diritti. 2018, lacrime e indignazione su tela.

Un uomo cresciuto a schiaffoni, a caffè amaro perché lo zucchero è da femmine, che ha sofferto come un cane per non aver potuto vestire di rosa e che ha trattenuto le lacrime all’immortale motto “piangere è da femminucce“. Questo causerebbe una costipazione emotiva maschile: impossibilitati, dati gli atroci abusi subiti nell’infanzia, a esprimere i loro sentimenti, sono incapaci di elaborarli e quindi preda di exploit distruttivi.

E da questo nascono altre teorie altrettanto demenziali, come l’inesistente mancanza di affetto e contatto fisico per i maschietti durante l’infanzia, che li porterebbe a non esprimere sentimenti di tenerezza fra loro nei loro rapporti sociali – dunque, privi di qualunque supporto emotivo, instabili e insicuri, muovono i loro primi passi nel mondo dell’affetto e dei sentimenti solo quando trovano una ragazza. Naturale che sclerino e l’ammazzino, poverini!

Queste cose superano mai le prove della logica e della semplice realtà dei fatti? Ci risulta che nelle culture in cui si incoraggia(va)no il contatto fisico fra uomini e le tenere amicizie i rapporti con l’altro sesso siano (fossero) più distesi e meno violenti? Ci sembra che gli uomini russi non siano misogini? Gli antichi Greci e gli uomini del passato, che usavano baciarsi sulle labbra e fare foto l’uno sulle ginocchia dell’altro, trattavano le donne meglio della loro spazzatura?

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Sicuramente era la mancanza di affetto che li spingeva a impedirci di votare.

E soprattutto vi risulta che ai bambini attorno a voi venga negato il diritto di piangere, il diritto alle coccole? Vi risulta che l’emotività femminile non venga derisa e ridicolizzata, bensì innalzata? Vi risulta di avere accanto ragazzi stoici che non esprimono mai i loro sentimenti?

Non mi risulta nulla di tutto questo. Vedo attorno a me uomini che non hanno il minimo timore di essere loro stessi, uomini che fanno diete, uomini che si curano, uomini che bevono caffè zuccherato, uomini che si vantano di scrivere poesie e di provare sentimenti struggenti. Soprattutto, vedo uomini che frignano a tambur battente davanti a tutti, che si imbronciano davanti a professori di liceo e all’università, che fanno le vittime con le donne. Che non ci risparmiano neanche al primo appuntamento un rant lacrimoso sulla cattiveria femminile.

E la rabbia non è forse un’emozione? Vedi qualcuno di loro trattenere la rabbia quando ti augura la morte, quando sbatte pugni sul tavolo per intimorirti, quando invade il tuo spazio personale per farti temere un’aggressione, quando alza la voce?

Io non vedo emozioni represse. Quello che vedo, anzi, è un comportamento privo di controllo persino laddove sarebbe buona politica moderarsi. 

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Uomo che sicuramente non frigna, non sarebbe virile.

Io vedo madri accogliere al seno e sbaciucchiare bambini che palesemente fingono di stare male. Vedo genitori accondiscendenti a ogni capriccio dei figli maschi – ma, attenzione, se a qualcuno di loro scappa, per esasperazione, una sola volta, un “non piangere come una femminuccia” – niente, mindblown, è finita, abuso su minore, costipazione emotiva, diventerà un serial killer.

Pensavate che fosse una delle tante frasi che, tanto per cambiare, convince i bambini che tutto ciò che è percepito come negativo appartiene alla sfera femminile, che ciò che è femminile è male, è stupido, è inferiore? Macché, mica abbiamo prove che considerino degradante il mondo femminile (che poi vogliono fare loro quando godono perversamente della degradazione, e a quel punto levate, loro sono piùdonnedite), abbiamo invece Prove Provate che loro contengono sempre e stoicamente i loro sentimenti, che non frignano mai e che soffrono come cani per la loro interiorità nascosta, repressa. Proprio.

Invece sapete chi è costantemente libero di esprimere la propria emotività? Le donne. Sì, le bambine che vengono prese in giro e ridicolizzate quando piangono. Le bambine a cui non è concessa la rabbia. Le bambine che sono educate a ignorare il proprio senso di disagio o di noia, che mal si accorda al loro ruolo di bamboline. Le bambine che devono sorridere sempre ed essere gentili ed educate coi parenti e gli amici di famiglia. Le bambine a cui viene fatto capire che la reputazione è tutto, che l’amore che riceveranno, persino dai genitori, non è gratis ma dipende da come si comportano. Bambine che poi vengono guardate con disgusto e criticate per la loro ipocrisia.Le bambine che poi diventano ragazze le cui opinioni non contano, la cui indignazione è isteria, la rabbia mai giustificata, le rivendicazioni follie che “non capisco, le donne sono pazze”. 

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“Mi ha detto quattrocentoventicinque volte di lavare i piatti mentre lei pulisce il resto della casa e bada ai nostri figli, io non l’ho fatto e lei me lo ha ripetuto a voce più alta! Le donne sono pazze!”

Le donne che subiscono costante gaslighting, a cui è dato a bere che, siccome a loro è concessa una lacrima guardando una commedia romantica (ma ricordiamoci che tutto questo è ridicolo, le commedie romantiche sono spazzatura e commuoversi è da cretine), allora i loro sentimenti sono socialmente accettati e presi sul serio – quando poi si ritrovano in relazioni abusive proprio perché è stato negato loro di dare ascolto al proprio disagio, al proprio dolore, alla propria rabbia.

Donne che pure dopo aver mangiato la mela del femminismo ancora hanno la tentazione di assecondare le fantasie vittimistiche dei loro abusatori, che ancora devono essere conniventi con le loro stronzate che non stanno né in cielo né in terra, fuori dalla grazia di Dio, che funzionano solo se ripeti una pappardella astratta e eviti di guardare lo stato concreto delle cose.

Sì, se c’è qualcuno che non è stato oppresso dal punto di vista emotivo, che gode di quel privilegio, siamo proprio noi. Vero?

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Ci vogliono dare a bere di essere emozionalmente costipati e praticamente abusati dalla nascita in una società dove l’educazione maschile è improntata sul protagonismo, sull’essere sé stessi in modo illimitato e in qualunque occasione, in cui si sta letteralmente rinunciando all’educazione– una società i cui frutti vedono ragazzi che si sorprendono di ottenere risposte dalle donne, che si indignano se le loro azioni hanno delle reazioni e delle conseguenze, che vorrebbero fare quel che vogliono – come abbandonare una moglie che non ha fatto carriera per badare a loro e alla loro casa e metterla sotto un ponte, perché la legge sul divorzio è “ingiusta”, o avere il potere legale di costringere la moglie ad abortire o partorire, perché “è ingiusto che abbiano l’ultima parola”. 

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Da una mostra di San Francisco sul movimento transgender.

Il loro comportamento è quello di bambini viziati, ipercoccolati e messi al centro del mondo, abituati ad avere tutto e a non considerare umane le persone che hanno attorno, men che meno le donne.

 

Ma sì, battiamo loro la mano sulla spalla, sorridiamo e ripetiamo a memoria che non sopportano i “no” mica perché non ne hanno mai ricevuto nella loro vita, ripetiamo a memoria che quando i “no” vengono da noi vengono accolti con rabbia, vendetta e pure morte mica perché, essendo inferiori, meno di tutti abbiamo diritto di negare loro qualcosa. Fanno così perché sono stati abusati e maltrattati, repressi, da frasi che contengono disprezzo nei confronti del mondo femminile – e casualmente la loro violenza si rivolge a noi.

Sorridiamo e ripetiamolo sempre. Possiamo farcela. In fondo siamo state addestrate a questo sin da piccole, con la nostra infanzia liberissima e priva di oppressione.

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